Test Drive
Chevrolet Corvette
Stingray Coupè
Lo confesso: non sono un grande amante delle “muscle car“...
Cioè, non posso affermare che non mi piacciano in assoluto, ma sono troppo attirato dalle novità e delle nuove tecnologie (che raramente sono prese in considerazione oltre oceano) per pensare di portarmene a casa una...
Questa settima generazione della Corvette (che non a caso si chiama proprio come le più potenti e affascinanti degli anni ’60, ossia Stingray) ho capito che avrebbe potuto farmi cambiare radicalmente idea, quindi ho iniziato a pensarla intensamente.
A questo punto, però, è sorto un problema (anzi, tre):
1 – L’ufficio stampa di Chevrolet, a cui potremmo chiederla, come sapete (e se così non è, ve lo diciamo noi) in Italia ha chiuso i battenti;
2 – Voci ben informate mi comunicano che nella nostra penisola, anche per via dei lunghi tempi di attesa, di C7 ne risultano consegnate poche, pochissime;
3 – Non sarà facile trovare uno di questi fortunati possessori e, soprattutto, convincerlo a darci le chiavi per farci un giro...
“Mission Impossible”
Ma a noi le “Mission Impossible” piacciono e ci siamo subito “messi in moto”.
Almeno fino a quando sulla nostra strada non è capitato Roberto che, messo davanti ad uno di quegli sguardi degni della migliore controfigura del “GATO” di Shrek, beh, non ha saputo dirci di no...
E se Stingray è il termine inglese per indicare dei pesci agili e veloci (imparentati con gli squali e le razze), ma anche dei caccia supersonici (che hanno la particolarità di avere le ali a delta), non potendo ambientare il nostro shooting in un acquario, beh, abbiamo deciso che gli hangar di un aeroporto sarebbero stati più che perfetti.
Quindi siamo stati ospitati dall’Aero Club Torino.
Chiacchiere da bar
E’ fantastica, esteticamente, questa nuova “Vette”.
E’ una di quelle sportive che, se mai vi portasse a commettere “atti impuri” con le Forze dell’Ordine, beh, poi potreste tranquillamente tenere ferma (nei mesi di “purgatorio”) all’interno del vostro salotto di casa, solo per ammirarla!
Alcuni vedono sulla parte frontale un po’ di Ferrari, altri (sulle controverse luci posteriori) una traccia della Camaro. Sono solo chiacchiere da bar; la Corvette C7 Stingray continua ad avere il look marcato di sempre e la sua classica silhouette cuneiforme.
Avete visto la volgarità dei quattro (spessi) tubi di scarico posteriori?
Meravigliosi!
Poi è una delle poche che vi da, già di serie, la possibilità di viaggiare a cielo aperto, diventando targa; occorre essere in due per riporre il tetto leggero nell’alloggiamento previsto nel bagagliaio posteriore, ma la procedura non è così complicata come sembrerebbe e vi permette di vivere un’altra faccia di questa iconica sportiva a costo zero, rendendo quasi un capriccio la scelta della “convertibile“. Anche gli interni sono molto migliorati e, ovviamente, strizzano gli occhi agli standard europei. Roberto ha scelto i sedili competition sport, con volante e pomello del cambio in microfibra scamosciata e telaio in magnesio leggero, optional a pagamento, che garantiscono miglior tenuta e ti avvolgono alla perfezione.
Un’altra bella sorpresa, per noi Italiani, è che il pacchetto “performance”, qui, è di serie e include, a costo 0, anche le sospensioni più rapide del mondo, ossia il Magnetic Ride Control, che rileva le condizioni del fondo stradale e regola l’ammortizzazione del telaio alla velocità di un lampo.
Un vezzo ? Le pinze dei freni Yellow... Ma come resistere e non spendere quei 570 Euro?
Vecchio, ma... Nuovo!
Anche tecnologie obsolete rivivono in chiave moderna; basta pensare al motore che, benché nato nel 1957, continua a trovare posto anche in questa nuova generazione ma, ora, può disattivare 4 – degli 8 cilindri – quando la state usando in modalità da “passeggio” (anche se ci rimane sempre l’eterno dubbio che tanto bene, alla fine, non faccia).
Oppure la presenza delle sospensioni con “balestre” trasversali che, però, ora sono in carbonio e, quindi, estremamente leggere.
Il display touch screen da 8’’ (ad alta definizione) visualizza i dati fondamentali e si configura automaticamente quando cambiate la modalità di guida, nascondendo (tramite il frontalino motorizzato) un utile vano porta oggetti che, in teoria, potrebbe servire anche per collegare e custodire il vostro smarthphone se non volete utilizzare il Bluetooth; c’è anche l’head up display di serie.
Possiamo quindi partire (sempre sotto lo sguardo attento e vigile di Roberto) e giocare un po’ con il “Mode Select“, che da molti viene definito come “la manopola della felicità”:
Tolta la modalità “Eco”, con cui si accende, andiamo subito a quella “Touring”, da optare in viaggio e quindi più morbida.
“Wet“? In caso di pioggia (e la dice lunga sulla potenza da gestire con la trazione posteriore).
“Sport“? Beh, decisamente interessante, anche se la taratura delle sospensioni diventa (giustamente) sempre meno permissiva.
“Track“: Helph, un razzo, tanto che è caldamente consigliata in pista ed include ulteriori sotto menù che vi permettono, in pratica, di cucirvi l’auto addosso; scommettete però che, visto che apre anche brutalmente le farfalle inserite nel sistema di scarico, beh, risulterà difficile resistere dall’azionarla anche in città?
Insomma, ad ogni rotazione del pulsante, la Vette cambia personalità, il suono del suo V8 diventa più potente e il differenziale elettronico si blocca prima e, in combinazione con l’ESP, vi fa diventare dei maghi del drift controllato. In pratica l’auto calibra automaticamente fino a 12 variabili di prestazione, quindi non rimane che capire, una volta saliti a bordo, come ci si sente e come si vuole affrontare la strada che ci si para davanti. Stringete fra le mani il volante, dal diametro ridottissimo di 360 mm, fatevi impressionare dalla sua aderenza in curva e non avrete dubbi...
Difetti che si perdonano...
Un po’ impreciso, soprattutto a freddo, il cambio manuale a 7 marce (l’ultima è di riposo). Ci viene da pensare a cosa farebbe se avesse in dotazione anche un doppia frizione degno di questo nome; ma è pur sempre una “muscle car“, quindi abbiamo l’impressione che passerà ancora un po’ di tempo prima che potremo scoprirlo.
Tra i pochi difetti riscontrati, se escludiamo gli alti consumi che non sono certo da sottovalutare, lo “scarrocciamento laterale” della ruota anteriore esterna dovuto all’angolo di Ackermann, che influenza i gradi di sterzata (interna/esterna) delle gomme; non è l’unica supercar in cui il fenomeno, in manovra, è particolarmente accentuato, visto che la gomma recupera la deformazione (“deriva”) strisciando con una sorta di “saltello” di lato, che può causare allarmanti (quanto immotivati) spaventi. Il prezzo (infine) è una delle sorprese POSITIVE più grandi di questa americana, con un budget di partenza che, per il segmento di appartenenza, è decisamente modesto. Ovvio, bisogna solo amarla e trovare il coraggio di comprarla...
I don't Like
Che perda valore, nel mondo dell’usato, più di altre supercar;Lifers Cool
Il nuovo taglio dei fari posteriori e la sua doppia nazionalità (ora anche europea).Anche tu hai un'auto che ci vorresti far provare?
(riservato a concessionari e proprietari di auto particolari)
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