Lotus Omega o… Opel Carlton?
Nel 1989, durante il salone di Ginevra, la casa che in Europa è conosciuta come Opel fece un annuncio: l’arrivo di una “Super Berlina” firmata Lotus (che a quel tempo era di proprietà di GM). Ma il progetto, che circa un anno dopo era pronto a sfrecciare per le strade europee, era molto di più di una semplice Opel dal nome Lotus Omega (o Carlton, come era chiamata in altri paesi).
La versione pepata di questa berlina media era stata analizzata, scomposta e ri-assemblata da Lotus in tutte le sue parti… O, almeno, in quelle che contano davvero se si vuole puntare alle prestazioni.
Il gruppo GM aveva fatto le cose in grande… Forse troppo. Infatti l’enorme V8 della Corvette ZR1 aveva delle dimensioni incompatibili con quelle del telaio della Opel Omega. In Lotus pensarono allora di partire dalla versione più potente del motore di serie, un tremila sei cilindri, e di spremerlo per bene. Il Risultato? Un motore 3.6 nuovo di zecca, dotato di 4 valvole per cilindro che, sovralimentato grazie a due turbine, sfiorava i 380 CV. Il dato ancora più impressionante era la coppia: più di 560 Nm a 3500 giri.
Il cambio arrivava direttamente dalla Corvette: ZF manuale a 6 rapporti; il differenziale posteriore era Holden.
Neanche a dirlo la trazione era posteriore (anche se inizialmente il progetto prevedeva l’idea avveniristica di usare le quattro ruote motrici, abbandonata poi per ragioni economiche). Per la cronaca è giusto sottolineare che la vettura aveva ABS di serie e l’impianto frenante con dischi autoventilanti di dimensioni molto generose. Così come generose erano le ruote, montate su cerchi da 17 pollici, che sul posteriore arrivavano dalla cugina “Lotus Esprit”.
Il progetto iniziale prevedeva di produrre 1100 unità, di cui 20 sarebbero state destinate al mercato italiano.
Numeri alla mano, sono stati prodotti solo 950 esemplari di questa Lotus Omega che ha dovuto scontrarsi con la cattiva sorte, capitando in una delle cicliche congiunture sfavorevoli a queste Super Auto. Ma forse il motivo di tanta ammirazione è anche questo…
Come tante Rockstar (dalla condotta di vita non proprio eccellente) che scalano l’olimpo del successo solo dopo la loro dipartita così, questa Lotus, viene più compresa oggi (dopo più di due decenni dalla sua ultima apparizione) che allora.
Se avevi il fegato di togliere lo sguardo dalla strada, durante le brusche accelerazioni date dai turbo (che entravano “a piacere” sopra i 2.500 giri), ed eri assalito dai dubbi riguardo all’auto che stringevi fra le mani, ci pensava il logo LOTUS “giallo limone” impresso sul volante a ricordarti che non stavi guidando una semplice Opel Omega. La berlina più veloce del mondo.
Non era un semplice slogan, ma la creazione del gruppo GM, che era diventata realtà, targabile e disponibile su strada.
Questa Lotus (continuo a chiamarla Lotus perché questo nome, anche nella mia test,a rende meglio l’idea di un’auto che ha tali prestazioni) faceva impallidire gran parte delle auto definite “supercars”. Lo 0 a 100 km/h era coperto in poco meno di 5,5 secondi e, dopo poco più di 10, la lancetta del tachimetro sfiorava i 160 chilometri all’ora. Le varie “emmecinque” ed “e-cinquecento” erano letteralmente spazzate via; il paragone era con un 12 cilindri italiano, quello della Ferrari 348 Testarossa, che all’apparenza era di qualche decimo più lento (giusto per rendere l’idea).
Chi voleva acquistare una di queste Lotus Omega doveva essere pronto a sborsare una cifra che nel 1990 era di circa 110 milioni di lire. Nonostante la ricca dotazione Opel, impreziosita dai badge Lotus, unite alle prestazioni da urlo, c’era un problema.. Il colore disponibile era solo uno: il “nerissimo” Imperial Green che appariva timidamente verde solamente se colpito dai raggi del sole (il tipico sole inglese!).
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