FCA: un nuovo Dieselgate? Per ora no, ecco perché…
FCA è sotto investigazione dall’agenzia americana per la protezione ambientale EPA perché avrebbe violato le norme sulle emissioni.
Sotto accusa sono circa 104.000 veicoli, tra Jeep Grand Cherokee e Dodge RAM 1500, venduti negli Stati Uniti ed equipaggiati con i motori diesel 3 litri, che sarebbero dotati di un dispositivo che permette emissioni superiori a quelle previste dalle normative antinquinamento. La notizia è stata anticipata dalla Reuter giovedì 12 gennaio e confermata da una nota dell’EPA, affossando le quotazioni di FCA in borsa (che sono poi risalite già nella giornata di venerdì 13) e gettando l’ombra di un nuovo Dieselgate, lo scandalo che – sempre negli USA – ha investito il gruppo Volkswagen nel 2015.
Di cosa è accusata FCA?
Secondo l’EPA, FCA avrebbe dotato i motori diesel che equipaggiano circa 104.000 vetture vendute negli USA tra il 2014 e il 2016 di un dispositivo che permette di aumentare i livelli di NOx (ossidi di azoto) senza comunicarlo all’Agenzia.
Mentre la normativa europea è più tollerante e permette di disattivare i sistemi antinquinamento dell’auto quando è a rischio l’integrità del motore, quella americana è molto più restrittiva e limita questi casi a condizioni di guida così estreme: ad esempio, quando un furgone a pieno carico affronta una salita ripidissima, o con caldo o freddo eccezionali. Il dispositivo – che deve essere notificato – non può comunque operare se le condizioni di guida sono normali.
L’EPA sta verificando se il dispositivo sia configurabile come un “defeat device”, in grado cioè di aggirare le normative antinquinamento come è avvenuto nel caso del Dieselgate Volkwagen.
La difesa di FCA
L’azienda ha rilasciato un comunicato nel quale sostiene che “i sistemi di controllo delle emissioni soddisfano i requisiti di legge” e che “intende lavorare con la futura amministrazione per presentare i suoi argomenti e risolvere la questione in modo giusto ed equo”.
Sergio Marchionne ha aggiunto: “Dialoghiamo con l’Epa da più di un anno. Per quanto conosco questa società, posso dire che nessuno è così stupido da cercare di montare un software illegale”, augurandosi poi che la faccenda non sia una conseguenza della guerra in corso tra l’amministrazione Obama e il presidente eletto Trump. FCA ha rimarcato la differenza tra l’inchiesta dell’EPA che la riguarda e il Dieselgate VW, sostenendo che le due questioni sono totalmente diverse.
Cosa rischia FCA
Per come appare al momento, questa storia – comunque poco edificante e che apre i sospetti verso altri costruttori – sembrerebbe configurarsi come un illecito amministrativo senza conseguenze penali per FCA.
Secondo l’Epa, “Fca potrebbe essere soggetta a sanzioni amministrative e decreti ingiuntivi in relazione alle violazioni di cui è accusata”. Sempre che non venga appurato – come dicevamo prima – che il dispositivo sia un “defeat device” a tutti gli effetti, in quel caso le conseguenze sarebbero ben più gravi.
Conti alla mano, Fiat Chrysler Automobiles rischia una multa potenziale di 4,63 miliardi di dollari, pari a 44.539 dollari per ognuno dei 104.000 veicoli coinvolti.
Per fare un paragone, negli scorsi giorni Volkswagen ha patteggiato una multa di 4,36 miliardi di dollari per chiudere il caso Dieselgate.
Anche per evitare ripercussioni sul titolo in borsa, Sergio Marchionne ha dichiarato “Fca è in grado di sopravvivere anche a una multa di 4,6 miliardi e gli obiettivi del piano al 2018 sono confermati”.
Inoltre, il manager italo-canadese confida nell’imminente cambio di inquilino alla Casa Bianca: Trump ha fatto capire di essere incline ad ammorbidire la linea di valutazione dell’Epa e ha indicato come nuovo amministratore dell’Agenzia Scott Pruitt, decisamente critico nei confronti delle rigide strategie ambientaliste.
Vedremo nei prossimi giorni l’evoluzione dell’affare FCA, per il momento assistiamo all’apertura di un altro fronte della questione emissioni. Stavolta tocca a Renault, che è sotto inchiesta in Europa; non mancheranno ulteriori aggiornamenti.
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